giovedì 26 agosto 2010

Il sogno del soldato Rocky viaggia su Facebook "Liberai l'Italia, voglio tornare"


ERA IL 21 APRILE 1945, Dopo seicento giorni di guerra sul fronte italiano, da Salerno ad Anzio passando per Cassino, Firenze e gli Appennini, partecipò alla liberazione di Bologna con la 34esima divisione Red Bull dell’esercito statunitense.Oggi Roque J Riojas, per gli amici“Rocky”, ha 88 anni ed è su Facebook con una sua pagina . Scrive e “chatta” come un ragazzo ed ha un sogno: «Tornare in Italia, nei posti dove ho combattuto e non solo – dice – Allora non ci fu tempo per visitare questo bellissimo paese. Ricordo solo di un giorno a Venezia, presi la gondola andammo a piazza SanMarco e nella cattedrale, mangiai la mia razione C e bevetti però del vino.Roma la vidi di passaggio solo una volta, il Colosseo da lontano».

ROCKY oggi vive a Kansas City,la sua città natale ed è di chiare origini messicane delle quale va orgogliosissimo. Per le sue azioni di guerra fu pluridecorato. Medaglia di Bronzo «mi hanno ritrovato la foto mentre vengo premiato dalgenerale Bolte» dice, laPurple Heart lavalorosa «cuore di porpora» per i più coraggiosi e tante altre riconoscenze.«La nostra divisione, la 34esima,che sbarcò a Salerno e finì laguerra a Brescia nel maggio 1945,al ritorno in patria però non ebbe i riconoscimenti che si meritava. Il mio picchetto d’onore era composto da una persona, un vicino di casa che mi ringraziò» dice con un pizzico d’ ironia.
Anni dopo si è rifatto. Nel 2004 è stato ricevuto alla Casa Bianca dall’allora presidente GeorgeW.Bush.

SU FACEBOOK, da due anni oramai questo arzillo veterano che dopo la guerra ha lavorato come ferroviere, ha trovato una nuova vita. Ha oltre un centinaio di amici da tutto il mondo. Anche dall’Italia. «Mi piace parlo con loro,sono stato invitato alle celebrazioni per la liberazione di Livorno da parte degli americani da alcuni ragazzi. Con il cuore ero con loro». Online mette brani musicali messicani ma anche dei Kiss. Domenica quando ha compiuto gli anni sono piovuti dagli StatiUniti come dall’Italia tantissimi auguri.«Mi piace parlare con i giovani, sentire che in tanti mi ringraziano per quello che abbiamo fatto» dice.

DEGLI EPISODI di guerra però non ama parlare molto. «Momenti tremendi e tanti amici morti,combattemmo per seicento giorni.Uso sempre il noi perché eravamo noi tutti insieme» dice.«Prima in Nord Africa con la 135esima divisione di fanteria –spiega – Poi con la 34esima Red Bull a Salerno,poi Battipaglia,Benevento, Monte Pantano, Anzio,labattagliadi Monte Cassino.Passammo il Volturno tre volte, poi Firenze, Cecina, Livorno». E l’inferno sulla linea Gotica nei nostri Appennini. «Inverno 1944,freddo, fango, sporcizia, poco cibo che veniva portato con i muli dagli italiani che ringrazio ancora oggi» dice Rocky. Il 21 aprile 1945 la liberazione di Bologna.«Quando entrammo a Bologna ricordo che facemmo pulizia di crauti(tedeschi ndr)». Dopo Bologna , la 34esima iniziò la sua marcia lungo la Valle del Po oramai libera.Entrò anche a Reggio Emilia con i partigiani. Su internet guarda un video d’epoca relativo a quel giorno.«Mi ricordo anche quella città,ma di passaggio, pochi momenti.Proseguimmo verso altre città,poi arrivammoa Brescia dove i tedeschi si arresero e noi tutti ci chiedevamo:quando si torna a casa?».Sessantacinque anni dopo, da Kansas City, via Facebook, questo veterano che è un inno alla vita,invece sembra chiedere al mondo della rete.«Quando si torna in Italia?».

MATTEO INCERTI (pubblicato sul Resto del Carlino, pagina nazionale del 26 agosto 2010)

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giovedì 12 agosto 2010

"Col mio paracadute di guerra quella ragazza fece l'abito di nozze"


IL 27 MARZO 1945 a Botteghe d’Albinea suonando la cornamusa, lanciò l’assalto alla Va sezione del comando generale tedesco in Italia. Tre giorni prima lo scozzese David Kirkpatrick, al tempo 19 anni, si era lanciato, indossando il kilt, ai piedi del monte Cusna e aveva regalato il suo paracadute ad una famiglia della zona che lo aveva ospitato. «La figlia della famiglia che mi ospitò si doveva sposare — racconta ora l’ex militare — e la seta era utile per l’abito della cerimonia, come ricompensa noi donavamo sempre qualcosa, così regalai il mio paracadute». Oggi a 65 anni di distanza, Kirkpatrick dalla sua casa in Scozia lancia un’appello: vuole trovare la ragazza del ’45 che andò all’altare vestita col suo paracadute.
Kirkpatrick, che prima di andare in guerra era un boy scout, era stato chiamato a partecipare a una missione speciale, l’«Operazione Tombola». Una storia che il Carlino ha raccontato il 21 marzo scorso, ritrovando cinque reduci partigiani che si sono rivisti per la prima volta dalla fine del conflitto lo scorso 25 aprile. Per sessantacinque lunghi anni il «boy scout guerriero» con la cornamusa, è rimasto una leggenda. Di lui si conosceva il cognome, ma non il nome.
Nessuno in occasione delle celebrazioni che ogni anno si svolgono ad Albinea era riuscito a contattarlo. David Kirkpatrick si era eclissato. Volutamente. «Quella notte vidi cose orrende, tanti giovani morire, tedeschi bruciare vivi nelle ville», racconta oggi. «Non ne voleva parlare neanche con me — spiega uno dei figlio di Kirkpatrick, Lee, militare della Royal Air Force britannica — non era orgoglioso, ha sofferto di lunghi traumi psicologici tutta la vita». Fino a quando il 21 giugno, caso del destino nel giorno del suo 63esimo anniversario di matrimonio, lo abbiamo ritrovato a Girvan, un piccolo paesino sulle coste scozzesi. E’ stato come trovare un tesoro fatto di umanità. Un tesoro scoperto dopo lunghe ricerche svolte grazie anche a Livio Spaggiari, un ex parà che da anni segue questa vicenda. Per convincere David a parlare però non è bastata una telefonata. Si è aperto solo dopo una lunga lettera, dove ha conosciuto il lato umano della sua storia di guerra. Il suono della sua cornamusa era rimasto nei cuori di tanti. Come un segno di vita e non di morte. Per gli abitanti di Albinea, perchè i tedeschi udendo la sua cornamusa pensarono che si trattasse di un attacco primariamente inglese e non partigiano. Così evitarono una sanguinosa rappresaglia contro i civili come testimoniano i diari del parroco di allora don Alberto Ugoletti.
I suoi compagni di battaglia si lanciarono all’assalto come poeti guerrieri. Nel cuore dei borghi del crinale del Cusna che lo accolsero per primi con i bimbi che lo inseguivano come fosse il pifferaio magico. «Sono sollevato, ora so che con la mia cornamusa ho fatto del bene – dice oggi - finalmente ho messo via tanti brutti ricordi, grazie». Ritrovare il suo paracadute diventato vestito da sposa, ora è la sua nuova missione. «Quella famiglia è ancora viva? Ci piacerebbe molto ritrovarli e conoscerli», concludono David e Lee Kirkpatrick.
MATTEO INCERTI
(pubblicato sul Resto del Carlino, edizione nazionale pagina Cronache del 12.8.2010)
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