domenica 23 giugno 2002

Guareschi antieroe nei Lager


RONCOLE VERDI - Una piccola arca di Noè navigante in mezzo a un Diluvio di malinconia. E dentro ogni specie di esseri, dalla pulce al poeta, dal topo al parastatale". Con queste parole su "Diario Clandestino", Giovannino Guareschi descriveva la sua prigionia nei lager nazisti in Polonia e Germania. Lì fu rinchiuso dal settembre '43 fino alla liberazione nella primavera del '45. Era il salatissimo prezzo da pagare per aver voluto rispettare il giuramento di fedeltà al re e non aver aderito alla Repubblica Sociale Italiana. Un lungo e doloroso "pellegrinaggio", compiuto insieme a migliaia di prigionieri di guerra italiani e di altre nazionalità. Una infernale 'attraversata nel deserto del nazismo' fatta di sporcizia, fame, freddo, maltrattamenti, umiliazioni, lontananza dai propri cari. Da Brameworde (Germania) e Sandbostel a Czestkowa (Polonia) passando per Beniaminowo e poi ancora sul suolo germanico a Sandostel, Wietzendorf, Bergen.

L'incontro con Montanari

In questo beffardo 'girotondo' tra lager, Giovannino incontrò migliaia di giovani soldati e padri di famiglia come lui, molti dei quali già lo conoscevano per i suoi scritti umoristici sul "Bertoldo". Tra di loro, anche il reggiano Gaetano Montanari, classe '24, allievo ufficiale della Regia Aeronautica, padre del giornalista di Telereggio Gianni Montanari. Montanari ogni anno si ritrova il 1° maggio a Roncole Verdi insieme agli altri ex internati che vissero anni, mesi o giorni nelle baracche dei lager con Giovannino. Si ritrovano per festeggiare con i figli, Carlotta e Albertino, il il compleanno del padre di Don Camillo. "Incontrai Guareschi nel lager di Witzendorf dove fummo rinchiusi sia sotto i nazisti che dopo la liberazione, dove ci tenevano gli inglesi prima di essere rimpatriati" spiega Montanari.

Da 90 a 45 chili

"Alla fine della prigionia, Giovannino pesava 45 chilogrammi (prima era 90- ndr), io in due mesi di "terapia" lager sono passato da 67 a 44 chilogrammi. La nostra "foto" emblematica era quella utilizzata per il manifesto della mostra "La Memoria dei Campi" a Palazzo Magnani, eravamo tutti così, la fame era la nostra migliore compagna, Giovannino era ossa e baffi". "La zuppa non era che un infame intruglio di acqua, rape, barbabietole da foraggio con residui di sabbia e terriccio" spiega. "Giovannino era un ufficiale di altissima nobiltà morale, nel più superbo senso della parola" dice Montanari. "Per Giovannino solo la sua morte mise in moto penne sagacemente tempestive - continua - che, vivo, avevano preferito ignorare". "I suoi libri, i suoi scritti vivono e splendono ancora, si sono sparpagliati in contrade lontane di tutto il mondo e consolano l'aridità del nostro tempo". "Guareschi amava la libertà, ma non era un ribelle; non gli piaceva la retorica, non portava rancore con i suoi avversari, rispettava veramente la diversità di idee, per questo ha pagato sotto il nazi-fascismo, è stato osteggiato dai social-comunisti ed è finito in prigione per "vilipendio" sotto la Repubblica, per mano di quel De Gasperi che, se era diventato primo ministro, lo doveva alle campagne anti-comuniste di Giovannino nel '48". "Con la sua ironia, i suoi racconti, dava gioia di vivere a tutti noi, in quei posti terribili dove eravamo rinchiusi" spiega Montanari.

Radio Caterina

"Indimenticabile quando nel campo ascoltavamo la famosa 'Radio Caterina', una radio di fortuna costruita con scatolame, cartone, monete... come filo di rame utilizzammo una dinamo rubata dalla bicicletta di un sergente tedesco" racconta Montanari. "E grazie a questa radio di fortuna, venimmo a sapere, 24 ore prima dei soldati tedeschi del campo, dello sbarco in Normandia delle truppe alleate anglo-americane" ricorda. Nella notte del D-Day, nel lager, ci fu chi, sfidando il coprifuoco, per irridere i tedeschi, costruì decine di barchette di carta e le mise in una pozza d'acqua, per simulare la battaglia sulle coste normanne. I nazisti, per rappresaglia, non distribuirono il già scarso rancio e diedero invano la caccia a "Caterina". " Mi ha "infettato" con il suo grande senso dell'umorismo, con i suoi scherzi e giochi di parole ci teneva sempre su di morale" ricorda Gianni Pezzoli, arzillo bolognese classe '22. Scampato per miracolo alla fucilazione a Bergen Belsen ( dove veniva utilizzato per costruire le V2 e fu accusato di sabotaggio ), punito pesantemente dai nazisti con centinaia di frustate con cavi d'acciaio ("quando arrivarono gli inglesi mi fotografarono il sedere, era ancora nero dopo mesi... oggi ci scherzo ma allora..."), Pezzoli incontrò Guareschi nel maggio '45 a Witzendorf. Il campo, dopo la liberazione, era gestito dagli inglesi. "In attesa di essere rimpatriati continuavamo ad essere rinchiusi come P.O.W. (Prisoner of War - prigionieri di guerra)".

Tutti attori nel lager

"È lì che il grande Giovannino mise in piedi la famosa Radio B-90, che trasmetteva tra le baracche spettacoli e riviste tramite un altoparlante di fortuna" spiega. "Una cosa fantastica, con grandi attori anche loro prigionieri, come Gianrico Tedeschi". "Sa perché si chiamava B' 90 ? "B" come baracca, il "90" era dedicato a via S.Isaia 90 di Bologna dove c'era il manicomio..." spiega il simpaticissimo Pezzoli. "Mi ricordo che fece recitare anche me in una parte". "Al ritorno dalla prigionia mi accorsi che a Bologna non c'era più un fascista, erano tutti diventati comunisti... eh Giovannino amico mio, come avevi ragione, c'erano due Italie, come poi tratteggiò con la sua penna in una bellissima vignetta ".

Una sola fontana: "acqua non potabile"

Il medico di Parma Carlo Alberto Borsari, in prigionia con lo scrittore a Sandbostel, fa riemergere particolari agghiaccianti. "Appena arrivati trovammo una unica fontana: c'era scritto acqua non potabile..". "Ricordo poi che per lungo tempo mi diedero un sapone per la barba la mattina". "C'era scritto R.J.F., pensavo fosse una marca commerciale, finita la guerra ho scoperto che significava in tedesco "puro grasso ebreo" . Astro Gambari, bolognese classe '19 che oggi vive a
a Ferrara, condivise con il cantore del "Mondo Piccolo" le sofferenze della prigionia a Sandbostel e Witzendorf. "Ha sempre amato la libertà, non come certi antifascisti di comodo del dopoguerra, noi ex internati I.M.I. (Internati Militari Italiani- ndr) lo ricordiamo sempre" . "Con noi, in quei lager c'era gente che univa libertà e ironia, come il tenente colonnello Di Palma che, come ricordò Giovannino nel suo diario, ebbe il coraggio affiggere cartelli in napoletano con scritto "Acca' nissuno è fesso" sul notiziario della Rsi «Voce della Patria» che ci invitava a collaborare con i nazisti. Per questo Di Palma si fece sei mesi di reclusione nella prigione del lager". "Ma anche Giovannino non era da meno" spiega Gambari. "Disse 'no' alla Rsi, ma mai si vantò di essere un eroe". "Quando gli proposero di ritornare in Italia per collaborare alla propaganda della Repubblica di Salò, Guareschi si rifiutò ". "Sapeva che voleva dire continuare a stare nei lager, non vedere la sua famiglia e forse morire - continua -; disse "no" per libertà e coerenza; ma mai dopo la guerra si vantò di essere un 'eroe' per questi suoi gesti da uomo libero, che lo hanno accompagnato in tutta la sua esistenza".

Matteo Incerti

(su "Il Resto del Carlino" Edizione Reggio Emilia pg.3 23/06/2002)

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